Apri gli occhi e guarda quello che vedi.
Forse stai leggendo su un monitor, forse su un tablet, forse su un cellulare; magari a una fermata della metro di Milano, o mentre il treno è in attesa che passi sullo stesso binario ma a uno scambio prima un altro treno, più veloce.
Chiudi gli occhi. Un attimo: fallo.
Riaprili.
E immagina di essere in un prato. Un prato come è giusto che i prati siano: ci sono tratti erbosi e ci sono radici che emergono dalla terra, ci sono buche, denti di leone, ortiche, fiori. Papaveri che danno una spruzzata di rosso, e uno stradino sterrato che porta a un casotto, lontano. Ci sono piante da frutto, non distante da te, e alberi. Tutto questo ti è stato dato ma non è tuo. L’albero lo puoi usare per scalarlo e guardare lontano, ma anche no; il frutto che è sulla pianta puoi mangiarlo – che frutto è? Che sapore darà al tuo corpo? –, ma anche no. E i fiori, inizialmente cammini per non pestarli, ma così facendo pesti l’erba; del polline si alza, farà altri fiori quando tu non sarai lì, diventerà alloggio momentaneo per un’ape o niente.
Poi ti accorgi di una cosa.
Una cosa che è interessante.
Che la natura non è lì e tu qui. Non è che la natura esiste quando ci sei e la natura esisterà quando non ci sarai. È che la natura è in te, è te ed è noi, e prosegue dopo che siamo morti anche perché si garantirà il nostro corpo dopo, così come lo ha fatto prima; siamo immersi nella natura, talmente immersi che esiste un momento profondo e pulsante in cui ci chiediamo se esista davvero qualcosa che va al di là di lei e noi insieme.
Respira, ora. Senti quest’aria. Non è stata fatta per te, ma anche per te; e i tuoi polmoni, e la perfezione del tuo corpo, faranno sì che l’aria entrerà e verrà filtrata, l’ossigeno sarà passato al sangue e accompagnato dai globuli rossi dove servirà. La tua anidride carbonica servirà anche lei, nel ciclo della fotosintesi; respira.
Respira. E ascolta.
Guardaci, se riesci; guarda i nostri occhi chiusi coi tuoi.
Siamo in tanti, in questo campo.
In tanti in questa metro, che aspettiamo di scendere alla fermata giusta e intanto pensiamo al modo per portare il senso di quel campo qui, tra noi.
In tanti su questo treno che sta ripartendo, dando una piccola scossa al corpo; chissà dove scenderemo, dove andremo.
In tanti davanti al monitor.
Espiriamo e inspiriamo, espiriamo ed inspiriamo ancora.
Tutto diventa campo, qui intorno; abbiamo sete e lo diciamo così.
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Leggi gli altri articoli del decalogo di Era Consapevole:
#1 La natura
#2 Il corpo
#3 L’alimentazione
#4 La crescita personale
#5 La crescita spirituale
#6 Il movimento
#7 Il turismo
#8 Gli animali
#9 Il rispetto
#10 Era Consapevole