C’è stato un tempo nel quale il luogo era ristretto; nel quale ci si spostava idealmente in un raggio di qualche decina di chilometri, e li si percorreva con estrema cautela, come se conoscere il mondo di qua potesse tutelare anche dal mondo di là. Il viaggio era la scelta di chi cercava di capire se esistesse un mondo al di fuori del mondo, ed era riservato ai più avventurieri, ai più abbienti, o ai pazzi; e in fin dei conti sono sempre queste le persone che si muovono, ovunque: quelli che possono, quelli che vogliono, quelli che non possono farne a meno.
E c’è stato un tempo in cui gli argini hanno ceduto e improvvisamente la possibilità è diventata totale. I treni hanno allacciato in un paio d’ore o poco più Milano e Roma, gli aerei hanno dato la possibilità di spostarsi ovunque, di prendersi idealmente cinque giorni di ferie con la possibilità di tornare poi abbronzati da Bangkok. Sopra il camino hanno iniziato ad accumularsi piccoli trofei provenienti dagli angoli del pianeta: utensili intagliati in Kenia, guide Lonely Planet e del Routard, maschere cinesi, boccali tedeschi, zoccoli olandesi, flauti da chissà dove.
Ma il moto dell’uomo ha una caratteristica, che le migrazioni gli hanno dato in dono: la lentezza, la possibilità di contemperare lo spostamento con la visita calma e al di fuori di percorsi di sfruttamento, la voglia di conoscere il motivo per cui si mangia cibo diverso e a orari diversi nelle varie parti del mondo, si abbiano modi di artigianato diversi, religioni diverse.
Parleremo allora di turismo consapevole, ossia: di viaggio dell’uomo rispettoso di ciò che l’uomo ha già creato in un suo percorso frutto di scelte di vita, civili, sociali, culturali; e in una natura nella quale si scelga di essere passeggeri e visitatori e mai intenzionati a lasciare un proprio segno. L’acquisto di prodotti in loco a prezzi corretti, non adeguati soltanto alla richiesta locale ma alla nostra capacità di offerta; la scelta di luoghi che prediligono il mantenimento di valori che richiediamo a casa, come agriturismi a chilometro zero e che rispettino i determinati criteri legati al rispetto dell’ambiente, del lavoro, del mondo in cui sono calati; soprattutto l’intento di essere per una volta testimoni, e non missionari.
Forse ci stiamo avvicinando al decimo punto di questa sete di cui stiamo parlando. Forse ci stiamo avvicinando al suo senso più profondo, che per ora diremo: la voglia di essere liberi in un mondo di regole, e non schiavi in un mondo sregolato.
Che ve ne pare?
Ti è piaciuto l’articolo? Allora scopri il progetto Era Consapevole
Leggi gli altri articoli del decalogo di Era Consapevole:
#1 La natura
#2 Il corpo
#3 L’alimentazione
#4 La crescita personale
#5 La crescita spirituale
#6 Il movimento
#7 Il turismo
#8 Gli animali
#9 Il rispetto
#10 Era Consapevole